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Pomodorini ripieni di nuvole al pistacchio: la ricerca irrefrenabile del quinto senso di piacere

Inizia la stagione delle verdure. I piatti si alleggeriscono e acquisiscono aspetti variopinti che irradiano luce e riempiono gli occhi, prima di appagare il palato. Così capita che, in preda ad un raptus da pomodorite acuta (proprio io che per lunghi mesi non ho guardato un pomodoro con la coda dell'occhio, neanche sotto forma di conserva), dando il benvenuto ai primi pomodori di stagione, immagini questi bocconcini ripieni di.... nuvole. Quando mi trovo davanti ad un piatto particolarmente ben riuscito, o che comunque mi rende fiera di me stessa, mi prodigo per cercare lo scatto perfetto, l'angolazione migliore, l'inquadratura magica. Come se volessi far passare, tramite la fotografia, quanto possa appagare tutti e cinque i sensi. A volte il soggetto è fotogenico, altre volte meno, altre ancora la luce mi aiuta, altre no. Va bene, tante chiacchiere per tergiversare: non sono una fotografa e i mezzi a disposizione sono davvero nulli, ma ce la metto sempre tutta. Credo che le immagini di questi pomodori ripieni non rendano molta giustizia ai sapori che hanno regalato all'assaggio. E' stato come riempirli di quella leggerezza che ricorda le nuvole. I sapori sono decisi, ma con moderazione. La consistenza è soffice, amorevole e avvolgente. Sfiora il palato e riempie le papille. Appaga. Nutre. Sono piccoli scrigni di piacere. Parlano di primavera e solleticano l'appetito.
Ingredienti   4 pomodori sardi 25 g di parmigiano 25 g di pangrattato di riso 10 foglioline di basilico fresco 15 g di pistacchi tostati non salati sale olio Pulite e lavate i pomodori. Tagliate la calotta superiore e svuotateli, aiutandovi con uno scavino. Salateli all'interno e capovolgeteli in uno scolapasta. Lasciateli almeno un'ora, affinché perdano quanta più acqua possibile. Nel frattempo pulite i pistacchi, cercando di togliere al meglio le pellicine e tritateli insieme al parmigiano e alle foglie di basilico, accuratamente lavate e asciugate. Unite il pangrattato di riso e mescolate fino ad ottenere un composto uniforme. Non sarà necessario aggiungere sale, poiché il parmigiano renderà sufficientemente sapido il ripieno. Riprendete i pomodorino, sgocciolateli bene e iniziate a riempirli con questo composto. Schiacciate bene con un cucchiaino affinchè la farcia sia ben compatta all'interno. Sistemate i pomodori in una pirofila leggermente unta e spolverizzate tutto con la farcia rimanente. Accendete il forno a 200° e, quando sarà in temperatura, irrorate i pomodori con un po' di olio e infornate. Cuocete per 20 minuti circa. I pomodori dovranno incresparsi e la superficie dovrà risultare dorata. Quando saranno pronti sfornateli, lasciateli intiepidire leggermente e serviteli. Raccogliete la farcitura depositata sul fondo della pirofila e accompagnatene, a mo' di briciole, i pomodori stessi. Saranno soffici e avvolgenti, caldi di cottura, ma saranno sfiziosissimi anche raffreddati. Si prestano ad essere un piacevole contorno, ma si fanno apprezzare decisamente anche come piacevole appetizer. Piccoli bocconcini finger da buffet. Il piacere rimane inalterato e i sensi.... appagati.abc

Risotto al pistacchio: storie di strade che si incrociano e si interpretano tra ricordi, piaceri e desideri

Tutto è partito dal desiderio di coccolarmi con un semplicissimo risotto in bianco. Di quelli cremosi, semplici, che avvolgono grazie alla corposità della cottura, senza necessitare di ulteriori sapori. Voglia di cose semplici, senza elaborazioni. Necessità di resettare le papille gustative. Un risotto come quello dei ricordi, quando al massimo si aggiungeva un po' di latte. Ecco, questa l'intenzione di partenza. Poi un piccolo corto circuito neuronale mi ha fatto deragliare: quello del pistacchio è un binario che non mi scoraggia mai. Credo sia un tentativo del mio metabolismo di recuperare tutto il tempo in cui me ne sono tenuta a distanza, scoraggiata dal pensiero che il pistacchio avesse il sapore di quei pezzetti giallastri che trovavo nella mortadella (e ancora oggi non fatemi mangiare la mortadella con il pistacchio, perché lo tolgo!!), prima di scoprirlo nella sua meravigliosa natura. E da lì.... l'amore. Perché non mettere insieme, allora, le due strade? Nasce in quel preciso istante questo risotto, comunque semplice, ma con carattere. Nessun artificio, solo due sapori uniti in un primo piatto che non si dimentica facilmente.

Ingredienti

70 g di riso arborio di Sibari
400 ml di brodo vegetale
25 g di latte di avena
25 g di pistacchi tostati non salati + 10 g
7 g di olio evo
8 foglioline di basilico fresco
1 manciata di parmigiano grattugiato (no per la versione veg)
sale

Pulite i pistacchi, lavate le foglie di basilico, asciugatele bene e unite tutto in un bicchierone da mixer. Versate l'olio, il latte di avena e frullate fino a creare una crema omogenea. Salate a piacere.
Versate la crema in una padella e scaldatela a fiamma moderata. Unite il riso, mescolatelo e fatelo tostare per un minuto circa.
Iniziate la cottura versando poco brodo alla volta. Giratelo, di tanto in tanto, e lasciatelo cuocere, a fiamma media, coperto.
Ci vorranno circa 18 minuti, ma controllate il tempo di cottura del vostro riso.
Quando mancherà un minuto alla cottura unite la manciata di parmigiano, mescolate, spegnete il fuoco e lasciatelo riposare, per un paio di minuti, sempre coperto.
A questo pinto impiattatelo e cospargetelo con la granella di pistacchi.

Assaporatene la delicatezza e la particolarità. Due sapori che si abbracciano, senza rubarsi la scena. L'avvolgenza di una cremosità, resa unica dal sapore dolce salato del pistacchio, vi conquisterà.

abc

Polpette di lupini e cime dal cuore filante: l’insolito e inatteso incontro di caratteri forti

Probabilmente non ero stata precisa, ma il bottino di cime di rapa che ho portato a casa dalla trasferta taurinense era piuttosto importante. Vi accennai qualcosa presentandovi il gratin di avena. Ovviamente non mi sono potuta fermare lì. Che poi diciamolo, buona parte di questa verdura dal sapore intenso l'ho assaporata semplicemente saltata in padella magari con una buona manciata di parmigiano grattugiato e un uovo rotto sopra, ma anche così, in semplicità, con una forchettata una tantum rubata alla pace del frigorifero. Ma oggi torno presentandovene una versione che mi soddisfa particolarmente, perché porta in scena un altro tra i miei ingredienti preferiti: i lupini.
Il sapore che conferiscono a questo impasto è pazzesco, carattere puro. Il cuore delicato e contrastante, per sapore e consistenza, è un piacevole gioco per il palato. Mi sono divertita a intrecciare gusti diversi senza appesantire l'impasto con le uova, ma a queste polpette non manca per niente l'effetto stupore. L'inatteso insieme di gusti creerà quella piacevole sensazione di dipendenza in una lotta all'ultima polpetta.

Ingredienti

120 g di lupini puliti
80 g di cime di rapa cotte al vapore
10 g di capperi di Pantelleria sotto sale
5 g di olio evo + q.b.
1 cucchiaino di lecitina di soia
4 cucchiaini di latte di avena
1 cucchiaio di pangrattato di riso + q.b.
50 g di mozzarella

Versate in una tazzina il latte di avena e unitevi la lecitina. Lasciatela ammorbidire per circa mezz'ora. Pulite i lupini e inseriteli in un boccale insieme ai capperi, precedentemente lasciati in ammollo e sciacquati, e alle cime di rapa.
Tritate a più riprese, fino ad ottenere un composto fine e omogeneo.
Unitevi il latte con la lecitina, l'olio e il cucchiaio di pangrattato. Continuate a tritare. Avrete un composto compatto, che lascerete riposare per mezz'ora in frigorifero.
Nel frattempo tagliate la mozzarella a dadini piuttosto piccoli e lasciatela scolare dal suo liquido.
   Sistemate una manciata di pangrattato su un foglio o su un piattino. Riprendete l'impasto e, con le mani umide, prelevatene un po' alla volta, dando una forma sferica. Inserite nel mezzo un dadino di mozzarella e richiudete l'impasto in modo che sia perfettamente compatto.
Passate ciascuna polpetta nel pangrattato, avendo cura di formare uno strato importante. Lasciatele riposare per una decina di minuti e poi ripassatele nuovamente nel pangrattato. Scaldate un buon cucchiaio di olio in una padella antiaderente e, quando sarà ben caldo, posatevi le polpette.
Fatele cuocere uniformemente, girandole con delicatezza. Quando saranno pronte trasferitele su un foglio assorbente e servitele.

Saranno morbide, saporite e il loro cuore filante vi saprà stupire.
Un insieme di gusto e genuinità che lascia il palato appagato e lo spirito sereno. Per una cottura salutare al massimo, potrete passarle in forno, a 200°, per circa 25/30 minuti.

Una polpetta che vi conquisterà dal primo all'ultimo morso!

abc

Sardine ai pistacchi su letto di catalogna in panatura rossa: di pensieri, ricordi e rivisitazioni

Mi porto dietro il pensiero di queste sardine e dell'abbinamento con i pistacchi da un po' di tempo, da quando assaggiai il piatto del "compare Alfredo", dove compare sta per mamma mia quando diavolo è piccolo il mondo e quanto affascinante è il destino che ti porta ad incontrare persone, in luoghi improbabili, che hanno camminato sui tuoi stessi viali e conosciuto le medesime persone in tempi diversi. Certo, parole incomprensibili per molti, ma alla fine ciò che conta è quanto rimane, quanto ci viene dato da un semplice sguardo e dalla fatalità. Alfredo è una persona che sa il fatto suo, che ascolta prima di parlare e che mette entusiasmo in tutto quello che fa. Non l'ho conosciuto più di questo, ma la sua determinazione mi ha davvero colpito. In punta di piedi è arrivato, e in punta di piedi se ne va, approdando su nuovi confini per seguire il suo sogno. "Ti seguirò, Cuocherellona", è stato il suo saluto. Che, detto da chi fa della cucina la sua professione, è una grande soddisfazione. Questa rivisitazione è per te, Alfredo. Si trova sempre il tempo per fare ciò che ci appassiona, anche se è proprio il tempo a mancare. In bocca al lupo per la tua nuova esperienza e ricorda che c'è sempre un paesino, arroccato sugli Appennini abruzzesi, ad attenderci con grandi e "ritrovate" risate in compagnia.

Ingredienti

120 g di sardine deliscate (circa 9 sardine)
130 g di gambi di catalogna
20 g di pistacchi tostati non salati
1 cucchiaio di pangrattato (io di riso)
3 cucchiai di salsa di pomodoro (io quella casalinga)
olio evo
sale

Fate scaldare in una padella un filo d'olio e versate 3 cucchiai di passata di pomodoro. Quella preparata da mia madre è già ben condita e non richiede sale. Valutate la salsa che utilizzerete e provvedete a salarla se fosse necessario. Fatela rapprendere bene.
Tagliate i gambi di catalogna in bastoncini di circa 15 centimetri di lunghezza, lavateli e uniteli al pomodoro. Coprite con un coperchio, abbassate la fiamma, e fate insaporire per una decina scarsa di minuti.
Nel frattempo pulite le sardine e sciacquatele. Sgusciate i pistacchi, puliteli al meglio dalla loro pellicina e teneteli da parte.
Quando le coste della catalogna saranno piuttosto morbide, spegnete il fuoco e versateci il cucchiaio di pangrattato. Mescolate bene affinchè venga assorbito da tutto il pomodoro e ricopra la verdura.
Coprite una teglia con carta forno, spolverizzate la base con poco pangrattato e sistemate le coste affiancandone circa 6. Procedete con un secondo strato, nel vrso opposto, e poi con un terzo, fino ad ultimare le coste stesse.
Ora adagiate le sardine dalla parte della pelle. Salatele leggermente in superficie e copritele con i pistacchi tritati. Procedete con un altro strato di sardine, anche queste in senso opposto (ruotate di 90° rispetto a quelle sistemate precedentemente).
Per ciascuno strato salate e coprite il pesce con i pistacchi. Quando avrete ultimato gli strati e avrete coperto la superficie con il trito di pistacchi, versate un filo d'olio e infornate, a 200° su un ripiano alto del forno. Cuocete per 15 minuti (io con la funzione ventilata), fino a quando la superficie sarà ben gratinata.
   Quindi sfornate e trasferite il tortino su un piatto. Servite e gustate caldo.

Si gioca sui contrasti anche in questo piatto: l'amarognolo della catalogna in una panatura morbida e leggermente aspra, con il gusto intenso delle sardine, rese sfiziose dalla granella di pistacchi dolci.

E' un tortino che si sfoglia con curiosità e acquolina e che stuzzica il palato appagando i sensi.

abc

Cotolette di tofu impanate: storia di un tarlo che si insinua nella mente e la ragionevolezza d’espressione

Non sono solita fermarmi davanti alla parte di banco frigo dei supermercati in cui troneggiano alimenti pronti. Se non fosse che il tofu naturale (non quello alle erbe), non chiedetemi per quale motivo, si trovi proprio lì, ad almeno 132 passi dal suo simile e in mezzo a preparati vegani, che, seppur vegani, sono sempre preparati. Insomma, mi sono spiegata? La paladina del mi preparo da me non può certo incorrere nel rischio di mangiare intrugli strani che, seppur vegani, sono sempre intrugli strani!! Ma quella volta, allungando la mano verso il tofu naturale, qualcosa attirò la mia attenzione. In realtà la curiosità mi era già stata solleticata quando, in una breve gita taurinense a casa dei vecchi, mia madre prese le cotolette di tofu per uno dei pasti del mio fratellonzo vegano. Lessi bene gli ingredienti, ma non ne fui conquistata pienamente. I sospetti rimanevano lì, in agguato. Così mi sono detta: perché non provarci? Non sarei io, se non lo facessi. E quindi eccomi, con il sapore di queste cotolette che trionfa ancora sul mio palato. Un vero incanto!!



Ingredienti

150 g di tofu al naturale
20 g di olive taggiasche
10 g di capperi sotto sale
2 rametti di timo fresco
paprika dolce a piacere
latte di avena per la panatura
pangrattato di riso
olio evo

Tagliate a pezzi il tofu e versatelo in un boccale. Unite i capperi, precedentemente lasciati in ammollo e sciacquati sotto acqua corrente, le olive taggiasche ben sgocciolate dal loro olio di conservazione (o dalla salamoia) e la paprika. Lavate e asciugate i rametti di timo. Sfogliateli e uniteli al resto degli ingredienti.
Tritate tutto fino ad ottenere un composto omogeneo.
Prelevate metà impasto e dategli una forma di cotoletta piuttosto piatta (circa 1 centimetro di spessore). Procedete anche con il resto dell'impasto.
Versate in un piattino il latte di avena e preparate il pangrattato di riso. Bagnate nel latte ciascuna cotoletta e poi impanatela nel pangrattato, schiacciando bene affinchè la panatura rimanga spessa attorno all'impasto.
   Fate scaldare un filo d'olio evo in una padella e, quando sarà ben caldo, adagiatevi le cotolette. Fatele cuocere a fiamma media per 4 minuti circa, dopodichè giratele dall'altra parte, facendo attenzione a non romperle. Cuocetele per altrettanto tempo anche dal lato opposto, aggiungendo, eventualmente, ancora un goccio d'olio.
Quando saranno perfettamente dorate, trasferitele in un piatto. Accompagnatele con verdura a piacere. Io le ho servite con delle sfoglie sottili di finocchio crudo, appena irrorate con olio extravergine di oliva.
Assaporatele molto calde e gustatene la delicata fragranza e l'avvolgente consistenza.


Semplici e veloci da fare, possono essere congelate, prima della cottura, e saltate in padella all'occorrenza.abc

Crocchette di salmone e cavolini di Bruxelles in crosta di Venere: la totalità dei sensi che infrange il bon ton

Quello che mi lega al riso venere è un amore viscerale. Il suo colore intenso mi travolge, quasi mi ipnotizza. L'aroma che sprigiona in cottura mi abbraccia infondendomi forza e conforto. La delicatezza del suo sapore mi coccola e la sua consistenza mi sussurra, all'orecchio, accostamenti talvolta bizzarri. Il suo incontro è una di quelle magie che archivio come esperienza sensoriale, dove tutto inizia dall'approccio visivo per finire a coinvolgere ogni senso. Quando pensai ad una panatura, creata con questo magico elemento, non incontrai dubbi. Sapevo che il risultato sarebbe stato all'altezza delle mie aspettative, se non oltre.
Tritando quei chicchi intensi, nel colore e nel sapore, il sorriso di soddisfazione già illuminava il mio volto. Il cuore ha carattere, ma rispetta la delicatezza di sapori. La struttura è essenziale, il bilanciamento è il puntino sulla "i".

Ingredienti

200 g di salmone fresco pulito
10 cavolini di Bruxelles
15  di mandorle (con la pellicina)
1 cucchiaino di curcuma
sale
noce moscata
pepe
olio evo
pangrattato di riso venere (ottenuto da 35 g di riso venere)

Mondate i cavolini togliendo le foglie più esterne. Tagliateli a metà e fateli bollire, in acqua salata, per una decina di minuti.
Quando saranno morbidi (ma non troppo) scolateli e gettateli in un recipiente di acqua ghiacciata, in modo da fermare la cottura.
Versateli nel boccale, insieme al salmone pulito e privato della pelle, alle mandorle, al sale, al pepe, alla noce moscata e alla curcuma. Le quantità delle spezie possono variare in base ai vostri gusti. Le mandorle le aggiungo insieme al resto degli ingredienti, in modo che non diventino troppo fini.
Tritate tutto fino ad avere un composto omogeneo, ma non troppo uniforme. Assaggiate ed eventualmente correggete di sale.
Preparate, ora, il vostro pangrattato, tritando i chicchi crudi di riso venere. Lasciate lavorare le lame per diverso tempo, in modo che si formino granelli piuttosto piccoli.
Prelevate un po' di impasto e lavoratelo tra le mani umide, dando una forma sferica. Passate, ora, la polpettina sul pangrattato, allungandone la forma a cilindro.
Fate in modo che la panatura ricopra perfettamente tutta la superficie.
Adagiate ciascuna crocchetta, così ottenuta, su una tegliarivestita da carta forno. Io ho cosparso anche un po' d'olio, proprio un filo, che non lasciasse secco l'impasto in cottura. Procedete con il restante impasto, fino al termine.
Accendete il forno e portatelo alla temperatura di 200°. Infornate e cuocete per 20 minuti, in funzione ventilata. Trascorso il tempo, girate le crocchette sul lato opposto e proseguite la cottura per altri 10 minuti.
Alla fine dovrete ottenere delle crocchette dalla crosticina bella croccante. Il tatto vi aiuterà a valutare la cottura.
Sfornatele e servitele molto calde.

Il piacere di gustarle con le mani, a parere mio, amplifica i sapori. Del resto ci sono cose che devono infrangere le reole del bon ton!!

abc

Zuppa di merluzzo alla senape: la vera ricchezza oltre la comune apparenza

Mi trovai davanti a questo filetto di merluzzo fresco. Beh, niente di particolarmente pregiato, direte voi. Vero, ma ne rimasi attratta. L'istinto mi disse di appropriarmene e di trasformarlo in qualcosa che potesse rendergli giustizia, come fosse una vera proiezione di un pensiero di vita, in ambito culinario (e la mia terapeutica cucina, in effetti, lo è). In fondo questi alimenti considerati poveri, portano con sé molteplici e importanti qualità. Il merluzzo, si sà, è ricco di Omega-3 che contrastano il colesterolo cattivo, di proteine e di sali minerali come il calcio, il fosforo e il ferro, per non parlare delle vitamine del gruppo B. Con le sue 90 calorie per 100 g garantisce un piatto decisamente salutare, equilibrato e, con quel pizzico di fantasia che in cucina non dovrebbe mai mancare, anche sfizioso!! A me è bastato, come spesso accade, chiudere gli occhi e immaginarlo vestito a festa. Ne ho assaporato, così, l'incantevole avvolgenza. Siete ancora convinti che questo sia un piattino triste e povero? O anche voi credete sia essenziale abbandonarvi alla ricchezza interiore?

Ingredienti

130 g di merluzzo fresco
1 cucchiaio di senape
2 filetti di acciuga sott'olio
1/2 limone (succo)
acqua (metà della quantità del limone)
120 g di cavoletti di Bruxelles
paprika dolce a piacere
sale
olio evo

Prendete il filetto di merluzzo, sciacquatelo e asciugatelo delicatamente. Privatelo di eventuali lische e tagliatelo a cubetti non troppo piccoli. Sciogliete, in una padella, i filetti di acciuga, mantenendo il fuoco basso e schiacciandole con una forchetta.
In una terrina unite la senape, il succo del limone, l'acqua, la paprika e i filetti di acciuga sciolti. Mescolate molto bene, dopodichè unitevi i bocconcini di merluzzo. Coprite con un foglio di pellicola trasparente e lasciate riposare in frigo per almeno un'ora.
Nel frattempo mondate i cavoletti e portate ad ebollizione dell'acqua salata. Tuffateci i cavoletti interi e lasciateli bollire per 10 minuti. A cottura terminata passateli sotto un getto di acqua gelata, per fermare la cottura e mantenerli di colore acceso.
Scaldate un filo d'olio evo in una padella e, quando sarà ben caldo, unitevi i cavoletti. Fateli saltare a fiamma vivace fino a quando non saranno ben dorati in superficie.
Eventualmente salateli appena, se pensaste che non siano abbastanza sapidi dopo la cottura in acqua.
Quando saranno pronti, abbassate la fiamma e unite il merluzzo, con tutta la marinatura.
Coprite con un coperchio e procedete la cottura, a fuoco moderato, per 15 minuti. Lasciate che il fondo si rapprenda e girate di tanto in tanto, con delicatezza.
Quando i bocconcini saranno cotti trasferiteli in una cocotte e servite.

A voi il piacere di assaporare un piatto delicato, ma di carattere.
E a voi la sentenza.

abc

Gelatine di limone al rum: la forma di digestivo che non diresti mai e che, d’un tratto, sorprende

Non so dirvi quale meccanismo psico-metabolico intervenga. Ci sono momenti in cui penso, associo, provo, modifico, affino, dubito, valuto e momenti in cui il fulmine cade dirtto in testa e colpisce l'ipotalamo. Da lì è solo una fisiologica trasmissione di impulsi nervosi che mi porta a eseguire quanto questa entità sconosciuta ha scaraventato su di me. Stanotte, nel sonno, cercherò di interpellare Freud e di chiedergli se mai gli sia passato per la testa che l'inconscio, oltre che nei sogni, possa manifestarsi tra i fornelli. Perché inizierei a chiedermi se, davvero, le presenze che porto in tavola siano presagio di qualche strana forma di pazzia. Perché mai mi dovrebbe venire in mente, all'improvviso, di confezionare una gelatina digestiva se non ho assaggiato più di due volte questa consistenza e se i miei pasti non richiedono terapie d'urto per l'accettazione di sostanziosi piatti da parte dello stomaco e il conseguente smaltimento? Che mi stia facendo troppe inutili domande? D'accordo, per questa volta passi: chiudio gli occhi e mangio!! Ma stanotte una scampanellata a Freud non me la toglie nessuno!!

Ingredienti

215 g di mele Granny Smith
1 limone non trattato (scorza e succo)
25  di zucchero grezzo di canna
60 ml di rum
1/2 cucchiaino di agar agar
zucchero di canna Demerara per guarnire

Lavate molto bene la mela e asciugatela, Tagliatela a spicchi, privatela del torsolo , tagliatela in piccoli pezzi e mettetela in un pentolino insieme allo zucchero di canna. Lavate molto bene anche il limone e grattugiate la scorza, facendo attenzione a non prelevare anche la parte bianca. Spremete il succo e unitelo alle mele.
Accendete la fiamma e, quando il liquido sarà in ebollizione, abbassate il fuoco, coprite e lasciate cuocere 45 minuti. Dovrete ottenere una purea molto morbida. La mela è ricca di pectina, per cui la consistenza che avrete sarà piuttosto gelatinosa.
Passate tutto con un frullatore ad immersione fino a quando tutto sarà liscio e vellutato.
Sciogliete l'agar agar in una parte del rum. Unitevi la restante quantità, mescolate bene e versatela nella crema di mele. Unite la scorza grattugiata del limone, mescolate e fate cuocere, a fuoco basso, per altri 5 minuti.
Versate, ora, il liquido ottenuto in stampini. Io ho utilizzato una forma in silicone a cupoline.
Ponete gli stampi in frigorifero per almeno un'ora, o comunque fino a quando le gelatine si saranno perfettamente solidificate.
Prelevatele dallo stampo, con cautela, e passatele nello zucchero Demerara fino a coprirne la superficie. Potrete servirle subito, oppure conservarle in frigorifero per diverso tempo. Con il riposo i sapori si assesteranno e si armonizzeranno tra loro.
A fine pasto sono un ottimo digestivo, ma sono una piacevole coccola in qualsiasi momento della giornata.
Il grado alcolico non è eccessivo, ma potrete decidere di modificarlo in base ai vostri gusti.
La scorza del limone dà una piacevole consistenza e aumenta l'aroma gradevole del limone, mantenendo la dolcezza e la delicatezza della gelatina. Credo che inizierò a cedere al digestivo anche io!

Dite che ho bisogno di un buon terapeuta?



abc

Crema di cavolfiori con briciole di anacardi e bresaola: il piacere del “dolce buttar via niente”

Quante volte vi sarà capitato di utilizzare degli ortaggi e di avere degli scarti che, ohimè, buttar via fa piangere il cuore? Quelle belle cimette di broccolo, o le foglie più tenere del finocchio, o ancora il cuore di un carciofo. Già, ma la metà dell'ortaggio finisce per essere accantonato. Ecco, davanti al mio bel cespo di cavolfiore, ancora nell'abbraccio delle sue forti foglie verdi, mi sono detta che, forse, trovare una collocazione per quelle parti meno pregiate avrebbe alleggerito il mio cuore e appagat il mio palato. Così ecco che, tagliuzzato, stufato e tritato tutto, quello che ne è uscito è un piatto sano e gustoso. Il tocco accattivante è condizione necessaria, ma a fronte del "qui non si butta via niente" ogni strategia è bene accetta! In fondo cosa c'è di meglio di un'avvolgente crema calda, in queste fredde giornate uggiose?

Ingredienti

1 cavolfiore (foglie e torsolo)
10 g di anacardi
50 g di bresaola
sale
noce moscata
1/2 cucchiaino di bicarbonato.

Prelevate le foglie del cavolfiore e lavatele bene, Tagliatele a tocchetti e mettetele in un tegame, insieme al torsolo, ridotto a dadini piccoli. Aggiungete acqua fredda per la metà del volume della verdura. Salate e grattugiate noce moscata a piacere e portate ad ebollizione. Aggiungete il bicarbonato, abbassate la fiamma e cuocete la verdura fino a quando sarà morbidissima, coperta da un coperchio. Ci vorrà almeno mezz'ora.
Nel frattempo scaldate una padella, senza aggiungere grassi. Tritate gli anacardi e fateli tostare sul fuoco per circa un paio di minuti. Unitevi la bresaola, anch'essa tritata, e procedete la cottura per altri 5 minuti, cercando di sgranare bene la carne.
Fate attenzione a non fare bruciare gli anacardi: tritati fini è davvero un attimo che scuriscano. Abbiate cura di girare spesso e di spegnere la fiamma non appena li vedrete ben dorati.
   Quando le verdure saranno ben cotte, spegnete il fuoco e passate tutto con un frullatore ad immersione. Lavorate bene con le lame fino ad ottenere una crema vellutata.
Trasferite la crema in uno scodellino. Cospargete la superficie con le briciole tostate e servite.

Assaporate il contrasto di consistenze, la dolcezza della crema accanto alla sapidità della guarnizione: non è forse una coccola senza sensi di colpa?

abc

Pannacotta alla liquirizia con amarene: l’insolito sapore che insospettisce e poi stupisce

Credo di avervi tenuto abbastanza sulle spine. Sì, insomma, immagino che nessuno abbia avuto scompensi d'attesa e che molti di voi abbiano potuto condurre una vita serenissima anche senza questo incontro. Ma avevo promesso che vi avrei parlato di questo dolcetto, il terzo oggetto del piattino dei desideri, presentato alle mie gentili ospiti, insieme al babà all'arancio (e alle melanzane al cioccolato), e ogni promessa è debito. A dire il vero questo dolce è stato un'improvvisa illuminazione, che ho voluto sperimentare approfittando della presenza di palati nuovi alle mie preparazioni. Ho pensato alla liquirizia, cercando di darle una forma insolita e poi..... l'ho immaginata in un contrasto. Se davvero credete che liquirizia e amarena siano poli che si respingono, datemi un'occasione per dimostrarvi che non è così. La foto non rende, perdonatemi. Non ho fatto in tempo a fotografare lo scodellino ufficiale e ho dovuto rimediare utilizzando la parte di crema che ne è rimasta, raccolta in un antiestetico stampino arancione. Ma il sapore.... quello sazia!!

Ingredienti

150 g di panna di riso
150 g di latte di riso
20 g di zucchero grezzo di canna
4 g di polvere di liquirizia + q.b.
3 g di agar agar
4 amarene

Versate in un pentolino la panna e il latte di riso. Unitevi lo zucchero e la liquirizia. Portate a bollore a fuoco lento, mescolando sempre per sciogliere e amalgamare il tutto.
Stemperate l'agar agar con un po' del liquido e poi unitelo al resto, nel pentolino stesso, evitando che faccia grumi.
Fate bollire, a fuoco basso, per circa 2 minuti, mescolando in continuazione per evitare che si attacchi al fondo. Spegnete, quindi, la fiamma e tenete da parte.
Prendete 4 stampini (o piccoli scodellini) e copritene il fondo con poca polvere di liquirizia.
Versate in ciascun stampino la crema di liquirizia appena preparata, fino a che non raggiulgerà esattamente il bordo. Riponete in frigo, a raffreddare, per almeno 4 ore.
Terminato il tempo di raffreddamento posizionate su ciascun scodellino un'amarena e cospargete la superficie con un po' del loro sciroppo.
Se voleste potrete ribaltare gli stampini prima della guarnizione e servire direttamente su un piattino.
A questo punto non vi rimane che assaggiare e lasciarvi deliziare.

Fresco, avvolgente, delicato e bizzarro, è un dolce insolito che sa stupire!abc

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