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Pannacotta alla liquirizia con amarene: l’insolito sapore che insospettisce e poi stupisce

Credo di avervi tenuto abbastanza sulle spine. Sì, insomma, immagino che nessuno abbia avuto scompensi d'attesa e che molti di voi abbiano potuto condurre una vita serenissima anche senza questo incontro. Ma avevo promesso che vi avrei parlato di questo dolcetto, il terzo oggetto del piattino dei desideri, presentato alle mie gentili ospiti, insieme al babà all'arancio (e alle melanzane al cioccolato), e ogni promessa è debito. A dire il vero questo dolce è stato un'improvvisa illuminazione, che ho voluto sperimentare approfittando della presenza di palati nuovi alle mie preparazioni. Ho pensato alla liquirizia, cercando di darle una forma insolita e poi..... l'ho immaginata in un contrasto. Se davvero credete che liquirizia e amarena siano poli che si respingono, datemi un'occasione per dimostrarvi che non è così. La foto non rende, perdonatemi. Non ho fatto in tempo a fotografare lo scodellino ufficiale e ho dovuto rimediare utilizzando la parte di crema che ne è rimasta, raccolta in un antiestetico stampino arancione. Ma il sapore.... quello sazia!!

Ingredienti

150 g di panna di riso
150 g di latte di riso
20 g di zucchero grezzo di canna
4 g di polvere di liquirizia + q.b.
3 g di agar agar
4 amarene

Versate in un pentolino la panna e il latte di riso. Unitevi lo zucchero e la liquirizia. Portate a bollore a fuoco lento, mescolando sempre per sciogliere e amalgamare il tutto.
Stemperate l'agar agar con un po' del liquido e poi unitelo al resto, nel pentolino stesso, evitando che faccia grumi.
Fate bollire, a fuoco basso, per circa 2 minuti, mescolando in continuazione per evitare che si attacchi al fondo. Spegnete, quindi, la fiamma e tenete da parte.
Prendete 4 stampini (o piccoli scodellini) e copritene il fondo con poca polvere di liquirizia.
Versate in ciascun stampino la crema di liquirizia appena preparata, fino a che non raggiulgerà esattamente il bordo. Riponete in frigo, a raffreddare, per almeno 4 ore.
Terminato il tempo di raffreddamento posizionate su ciascun scodellino un'amarena e cospargete la superficie con un po' del loro sciroppo.
Se voleste potrete ribaltare gli stampini prima della guarnizione e servire direttamente su un piattino.
A questo punto non vi rimane che assaggiare e lasciarvi deliziare.

Fresco, avvolgente, delicato e bizzarro, è un dolce insolito che sa stupire!abc

Gelato al pistacchio: un’impresa dai difficili presupposti e un successo degno di replica

Credo che ormai un'idea di quanto mi piacciano le sfide ve la siate fatti. Bene, questa è stata una GRANDE sfida. E' facile dire gelato, ma il fulcro della questione è stato: senza gelatiera e senza utilizzare grassi nobili (nota assolutamente ironica) come la panna.... beh, mica è un giochino da niente!! Scervèllati e riscervèllati mi si accende una piccola lampadina: se la lecitina di soia è un emulsionante e l'agar agar un addensante... perché non usarle insieme per creare la formula perfetta? A quel punto mi documento e scopro che.... SI PUO' FARE!! La versione proposta è per uno spropositato amore per il pistacchio, ma la base è assolutamente valida per qualsiasi altro gusto, a cui sicuramente mi medicherò nei giorni a venire. Per l'appunto mi immagino già un buon cioccolato fondente.......

Ingredienti

40 g di pistacchi tostati non salati
200 g di latte (io di riso alla vaniglia) + q.b.
2 tuorli
50 g di zucchero di canna (io tendo sempre al ribasso con la dose di zucchero)
2 g di lecitina di soia
1 g di agar agar
100 g di ricotta

Tritate finemente i pistacchi e fateli bollire in 200 g latte per qualche minuto. Spegnete il fuoco e lasciate in infusione per almeno 1 ora. A questo punto il procedimento classico prevede di filtrare il latte. Io invece frullo tutto molto bene, in modo che diventi una crema ma che tutto il pistacchio rimanga nel composto.
Aggiungete il latte necessario a far tornare il peso originario di 240 g (tra latte e pistacchi) e mettete nuovamente sul fuoco a scaldare.
Nel frattempo mischiate zucchero, lecitina e agar agar e unite tutto ai tuorli, sbattendoli con le fruste fino a renderli spumosi. 
Aggiungete quindi la ricotta e continuate a lavorare con le fruste fino a quando il composto sarà ben amalgamato. Aggiungete il latte caldo e mettete nuovamente sul fuoco. Portate a 85° e fate cuocere per 2 minuti. Questo passaggio è importante, perché è il procedimento che permetterà la pastorizzazione delle uova. Trascorsi i 2 minuti spegnete il fuoco, fate intiepidire il composto e lavorate ancora con le fruste (più tempo durerà questo passaggio e meglio sarà.....anche 10 minuti!!). In questo modo si amalgama bene tutto e viene inglobata aria al composto. Lasciate raffreddare, poi mettete in frigo, girando di tanto in tanto. 
Quando sarà piuttosto denso trasferitelo in un contenitore e riponetelo nel congelatore. Mescolate, con un cucchiaio o una frusta, ogni mezz'ora, fino a quando avrà raggiunto la consistenza giusta. Io ho ripetuto questa operazione per circa 6 volte. 


Alla fine il gelato era bello cremoso.... e gustarlo con una buona granella di pistacchi è stato un viaggio sensoriale indescrivibile! Nel freezer, se ci arrivasse mai, dura diversi giorni!
abc

Budino di miglio e pere Packam’s con striature fondenti: un tarlo, una domanda e due risposte

Era da giorni che desideravo cimentarmi in questo esperimento. L'impiego di un cereale, il miglio, in un dolce. Per molti è insolito come sostituto della pasta, figuriamoci in versione sweet. Ma questo tarlo continuava a tormentarmi e..... a cosa abbinarlo? Ho trovato una qualità di pera mai sentita prima (mi vorranno perdonare coloro che sono più edotti di me). E' vero, con tutte le Abate e le Williams che produciamo in Italia io devo proprio andare a prendermi una pera australiana della fine dell'800? Mi piace provare, scoprire, assaggiare e capire.... E allora sì, vi dico che sono andata a prendermi quattro begli esemplari di pera Packam's. Nel tentativo di capire se la mia idea di budino al miglio avesse riscontri nella realtà quotidiana ho trovato una ricetta decisamente invitante su uno dei siti che amo maggiormente consultare: Cucina Naturale. La ricetta originale la trovate qui. Io mi sono permessa di apportare un po' di modifiche in base a ciò che avrei voluto utilizzare. Ovviamente ho usato le pere e, visto che il cioccolato con le pere ci sta divinamente, ho mantenuto questo dettaglio, senza però uniformare l'impasto. Trovo sia sfizioso creare queste piacevoli e golosissime macchie e striature fondenti. Anche al palato risultano gradevoli, come tutto l'insieme.... provare per credere!!
Se considerassimo questo budino il dolcetto della colazione, le 290 kcal per porzione sarebbero anche perfette!!

Ingredienti

1 pera Packam's 80 kcal
40 g di miglio 144 kcal
250 g di latte di riso alla vaniglia 170 kcal
125 g di acqua
25 g di mandorle 153,5 kcal
5 g di zucchero di canna integrale 20 kcal
20 g di malto di riso 63,2 kcal
50 g di cioccolato fondente 253 kcal
1,5 g di agar agar
1/2 cucchiaino di zenzero in polvere
1 pizzico di sale
cocco per decorare

Sciacquate bene il miglio (ricordate che tutti i cereali vanno sempre sciacquati prima dell'utilizzo per rimuovere ogni impurità, scorie, polveri, corpi estranei e chicchi frantumati) e ponetelo in una casseruola con il latte di riso, l'acqua l'agar agar le mandorle precedentemente tritate e il pizzico di sale. Mettete sul fuoco e, una volta raggiunto il bollore, abbassate la fiamma e cuocete per circa 25 minuti, girando di tanto in tanto, soprattutto dopo la metà cottura, per evitare che i chicchi si addensino in fondo al pentolino.
Mentre il miglio cuoce, sbucciate la pera e tagliatela a dadini piuttosto piccoli. Mettetela in un pentolino insieme allo zucchero di canna e accendete il fuoco, mescolando in modo da coprire uniformemente i pezzettini di pera di zucchero.
Quando inizierà a scaldare aggiungete lo zenzero e mescolate ancora. Cuocete a fiamma moderata, con un cucchiaio di acqua, fino a quando lo zucchero inizierà a caramellare. Abbiate cura di girare con frequenza, in modo che non si attacchi al padellino.
Quando le pere avranno raggiunto un colore ambrato (lo zucchero è poco quindi non si formerà un vero caramello), spegnete il fuoco e lasciate riposare.
A questo punto il miglio sarà cotto. Toglietelo dal fuoco e frullatelo fino a creare una crema liscia e omogenea, senza che ci siano più i grumetti.
Aggiungete il malto di riso, le pere caramellate e mescolate bene. Cuocete ancora, a fiamma bassa, per 10 minuti, poi spegnete il fuoco e fate riposare per qualche minuto.
Tritate grossolanamente il cioccolato fondente e unitelo alla crema. Questa operazione dovrà essere eseguita quanto più velocemente possibile, senza mescolare troppo il composto, in modo da non sciogliere le scagliette di cioccolato e lasciare le striature nella crema.
Versate il composto in stampini mono porzione (o in un unico stampo se preferiste) e lasciate raffreddare. Quando sarà freddo mettete in frigo per qualche ora.

Con queste dosi vi verranno 3 stampi monoporzione.

Io ve ne propongo anche una versione più cioccolatosa... In sostanza sarà sufficiente mescolare metà del cioccolato fino a farlo sciogliere completamente e metà lo unite poco prima di versare nelle forme.


Vi garantisco che con entrambe c'è da leccarsi i baffi!abc

Rivisitazione in chiave “no guilt” di un classico dei classici: panna cotta alla vaniglia

Tutto inizia sempre con una domanda. Perché no? Sono una golosa di natura, ma cerco abitualmente di tenermi lontana da tutto ciò che rappresenta una tentazione troppo forte per essere controllata. Quello che entra nel calderone di panne cotte, creme al latte, crème brulée e via dicendo rappresenta per me una vera e propria istigazione al peccato di gola. Ho imparato, dall'alto della mia deviazione mentale, ad approcciarmi a queste leccornie immaginando l'insieme di elementi che le compongono e devo dire che, seppur rimangano gusti per i quali senta incredibili affinità, riesco sempre a farmi dissuadere. Ma una volta tanto potrò anche io soddisfare i miei capricci? Allora perché non farlo in modo consapevole e rispettoso? Ho rivisitato così, in chiave no guilt, un classico dei classici.
Il primo tentativo, e ultimo con la colla di pesce, è stato un piccolo fallimento: una crema buonissima, ma nulla che assomigliasse ad una panna cotta. Ho voluto provare così ad approcciarmi a questa grande rivelazione che è l'agar agar. E proprio il giorno in cui ho deciso di provarlo, ecco che una grande esperta, la cara amica Federica, di La cucina di Federica, mi chiede se avessi mai provato questo addensante. Ne nasce una piacevolissima chiacchierata, nella quale mi presenta un articolo carinamente divertente (l'ho trovato così perché alquanto maniacale) sull'agar agar e tutti i miti da sfatare, con tanto di prove ed esperimenti da piccolo chimico. Insomma, decisa più che mai, mi sono trovata alquanto terrorizzata all'idea di testarne la validità. Il risultato lo potete vedere anche voi: non una crema, bensì una panna cotta di tutto rispetto. A posteriori dico che, con una cottura leggermente più prolungata, diminuirei anche la quantità di agar agar. I 2 grammi (quantità di una bustina) credo siano perfetti per 300 ml di panna e 300 ml di latte.
Sempre che, anche voi, non vogliate improvvisarvi piccoli chimici!!


Ingredienti

200 ml di panna di soia
200 ml di latte di riso alla vaniglia (o di avena)
scorza di mezzo limone
1/2 bacca di vaniglia
20 g di zucchero di canna integrale
2 g di agar agar

Versate in un pentolino 100 ml di latte e la panna. Aggiungete la mezza bacca di vaniglia, precedentemente incisa nel verso della lunghezza, e lo zucchero. Portate a leggero bollore facendo sciogliere lo zucchero. Nel frattempo stemperate l'agar agar con il latte tenuto da parte. Quando la crema inizierà a bollire togliete la bacca di vaniglia, versate il latte con l'agar agar e, sempre mescolando, portate nuovamente ad ebollizione.
Quando vedrete le prime bolle abbassate leggermente la fiamma e continuate la cottura, girando con cura, per un paio di minuti. Sappiate che il tempo di cottura dell'agar agar influisce sulla solidificazione del preparato. Meno agar agar significa una cottura più prolungata.
Versare la crema calda in tre stampini monodose, far raffreddare, coprire e riporre in frigo per almeno un paio d'ore.
Potete servirlo come desiderate. Io ve lo propongo con una semplice bacca di vaniglia.

A voi il verdetto. Per quanto mi riguarda: palato appagato e testa libera da sensi di colpa!!abc

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