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Lo zucchero allo specchio: il veleno è da attribuire alla raffinazione?

Ho un'idea precisa riguardo all'informazione e ai canali attraverso cui essa venga diffusa. E non è un caso che parte di questi canali li snobbi come fonte di apprendimento e li sfrutti unicamente per generare stimoli utili ad approfondire le mie conoscenze, mettendo in atto nuove ricerche. Ormai è da tempo che porto avanti la mia battaglia contro l'utilizzo dello zucchero. L'ho spesso definito il peggior nemico dell'uomo (insieme alla farina raffinata) e questa tesi ha fondamenti legati a studi su quelle che sono le fonti di energia più preziose. Che, fatevene una ragione, non sono forme zuccherine! Ma, in un periodo in cui si torna a parlare di zucchero bianco VS zucchero di canna, ho cercato di fare chiarezza. E l'ho fatto mettendo in discussione quelle che erano diventate mie personali convinzioni. In fondo, "non dubitare di nulla è il mezzo più sicuro per non sapere mai niente." Per arrivare alla conclusione, però, partiamo dalle origini.

Lo ZUCCHERO.

Lo zucchero, altrimenti detto saccarosio, è un carboidrato che, a temperatura ambiente, cristallizza. Origina dalla canna da zucchero (esattamente dal suo fusto) o dalla barbabietola (esattamente dal tubero). Indifferentemente, seppur sia più comune quello ricavato dalla canna da zucchero, semplicemente perché l'estrazione da barbabietola è limitata territorialmente all'Europa, rispetto a qulla da canna da zucchero utilizzata in tutto il resto del mondo; con due procedimenti di estrazione diversi, proprio a causa della fonte di estrazione. Lo zucchero di canna si ottiene lavando e macinando i fusti della pianta matura. Si parla già di una lavorazione industriale, che permette di ottenere un "sugo" (la "melassa") e degli scarti, chiamati "bagassa", che vengono utilizzati come concime e combustibile organico. Il "sugo" è composto da circa il 10-15% di saccarosio e da impurità (sali minerali, acidi organici -malico, ossalico, citrico e tartarico-, basi azotate, composti fosforati e colloidi di origine vegetale). Il sugo viene, quindi, centrifugato per eliminare parte di queste impurità. Si tratta di una chiarificazione, che si ottiene attraverso l'impiego dell'idrossido di calcio (o calce spenta). Portando il composto ad una temperatura di 95°, le particelle di fosfato di calcio (o carbonato di calcio, a seconda del fatto che si utilizzi acido fosforico o anidride carbonica insieme all'idrossido di calcio) precipitano, portando con sé una serie di impurità. Avete presente quando fate un brodo e lo schiumate per eliminare le impurità che vengono a galla? Ecco, in questa fase di chiarificazione avviene esattamente la stessa cosa. A questo punto il succo ottenuto, con ph neutro, viene concentrato in una soluzione contenente il 60-65% di saccarosio. Si passa, ora, alla cristallizzazione, attraverso più fasi di centrifuga che permettono di ottenere lo zucchero bruno (quello che comunemente chiamiamo di canna) e la melassa, generalmente usata come mangime animale. Lo zucchero ottenuto viene, quindi, decolorato, attraverso un ulteriore lavaggio a base di idrossido di calcio e ad una centrifugazione, che permettono di eliminare la melassa ancora presente intorno ai cristalli. Ancora giallognolo, lo zucchero ottenuto viene passato su del carbone attivo, che assorbe le sostanze rimaste. Ed ecco qui che, dopo ripetuti passaggi, otteniamo lo zucchero bianco. Quale sia la differenza rispetto al volgare zucchero di canna? La quantità di melassa, e quindi di impurità, presenti intorno ai cristalli. I valori nutrizionali non subiscono particolari variazioni. Lo zucchero di barbabietola si ottiene dalla lavorazione della radice del tubero. Questa, una volta estratta dal terreno, viene trasportata negli stabilimenti, separata dalle erbe e dai residui di terra legati ad essa, lavata e poi trinciata in "fettuccine", delle quali si misura la qualità, per procedere all'estrazione. Le fettuccine vengono trasferite su un nastro trasportatore e sottoposte ad un getto di acqua ad elevata temperatura (70-78° in una prima fase e 69-73° in quella successiva), che scioglie il saccarosio e lo separa dalla radice. In questa fase, per evitare l'azione di batteri che deteriorerebbero lo zucchero, vengono utilizzati dei disinfettanti. Il "sugo" ottenuto contiene solo il 10-15% di zucchero e tante impurità, che conferiscono al succo un colore molto scuro. Si procede, quindi, alla loro eliminazione. Prima, però, le fettuccine esauste, ancora ricche di una notevole quantità di acqua, vengono nuovamente spremute. Il saccarosio che si ottiene da questa spremitura viene mescolato al succo ottenuto in precedenza e il residuo, chiamato Vinassa, viene essiccato e utilizzato come fertilizzante. Dicevamo, quindi, che quello che abbiamo ottenuto è un "sugo" ancora ad alta concentrazione di impurità e proprio per questo risulterebbe impossibile il processo di cristallizzazione. Si procede, allora, alla carbonatazione: viene aggiunto latte di calcio, che si lega alle impurità provocandone la precipitazione. In quanto difficilmente filtrabili, per essere eliminate, queste stesse impurità vengono esposte ad una corrente di anidride carbonica. Si procede quindi alla filtrazione per eliminare il carbonato di calcio formatosi e all'aggiunta di anidride solforosa (sempre loro, i solfiti) per eliminare calcio e potassio e per decolorare, in questo modo, il sugo. Per liberarci delle più piccole impurità rimaste, ecco che viene aggiunto  il carbonato di sodio. Ciò che si ottiene è un sugo chiarificato che, fatto passare su carbone attivo, viene definitivamente sbiancato. Le successive fasi di evaporazione e cristallizzazione sono le stesse utilizzate per lo zucchero di canna. Vi è chiaro, quindi, perché parlare di zucchero raffinato, zucchero di canna o zucchero integrale NON ABBIA FONDAMENTO!! Lo zucchero è zucchero, e a qualsiasi livello di colorazione subisce dei trattamenti. Perché in natura, senza lavorazioni, avrebbe una consistenza e un sapore decisamente improponibili! Oltre ad avere una serie di elementi alquanto nocivi (si pensi al cromo!!). Ma cosa ne è di tutte quelle sostanze utilizate nei processi appena descritti? Facciamo chiarezza:
  • le percentuali di acido solforico residue sono ben inferiori a quelle presenti in molti altri alimenti, in cui lo stesso è utilizzato come conservante (E513). Si pensi che nello zucchero possono rimanerne circa 15 mg per kg, mentre i limiti imposti dalla UE parlano di 210 mg per litro di vino bianco!!!!
  • il latte di calcio, che nelle etichette viene indicato con la sigla E526, è un conservante utilizzato nell'industria alimentare in prodotti come latte per neonati, vino, birre, alimenti surgelati, verdure lavorate, scatolame, gelati, e via dicendo. Aprite la vostra dispensa e meditate.
  • il carbone attivo è un materiale altamente poroso e con una grande area specifica. Non risulta rilasci sostanze nocive e viene utilizzato nell'ambito della filtrazione, purificazione, deodorizzazione e decolorazione di fluidi grazie alle sue piccole cavità interne che permettono di assorbire e trattenere le impurità.
Per citare Dario Bressanini, grande divulgatore di "chiarezza", da cui ho attinto informazioni e argomenti:

Se volessi spaventare qualcuno potrei invertire il gioco, e dire che è lo zucchero integrale ad essere pieno di sostanze tossiche e velenose, che fortunatamente vengono eliminate nella raffinazione. Potrei portare ad esempio le api, che muoiono quando ingeriscono dello zucchero che contiene ancora della melassa, con tutte le sue impurezze o dire, ad esempio, che la melassa contiene cromo, e tutti voi sapete come il cromo sia un metallo molto velenoso, che ha causato più di una contaminazione di terreni. Insomma, spaventare e appigliarsi al lato emotivo delle persone è molto facile (e potete continuare tranquillamente a consumare zucchero integrale se si piace).

Il mio intento non è e non sarà quello di fare terrorismo mediatico. Tantomeno di "violentare" le vostre coscienze per indirizzarle verso la conoscenza e la consapevolezza. Lo zucchero è zucchero, sotto qualsiasi forma si presenti (pensate un po' anche la frutta è ricchissima di zucchero!! Solo che chiamarlo fruttosio pare lo renda meno influente....). Io continuo e continuerò a non utilizzare lo zucchero in aggiunta a bevande, e a limitarlo allo stretto necessario nelle preparazioni dolciarie. Semplicemente non specificherò più "grezzo" o "integrale", che di integrale, qui, ci sono solo impurità!! Lo zucchero rimane una droga, che crea dipendenza. Ecco perché più mangiate dolci e più ne mangereste. Continuerò, però, ad andare oltre i luoghi comuni e a dimostrarvi come si possa educare il palato a sapori più salutari. Il mio, ormai, si è abituato a sapori assai meno stucchevoli di quelli propinati dall'industria alimentare (ma di questo complotto approfondirò in altra sede). E i miei studi hanno fatto chiarezza su quanto sia marginale, e spesso nocivo, l'apporto energetico degli zuccheri stessi (e, anche qui, rispetto a cosa lo approfondirò in un nuovo articolo). Insomma, io ho fatto chiarezza e mi sono arricchita di nuove conoscenze. A voi, adesso, le valutazioni. Fonti: http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/06/03/miti-culinari-6-lo-zucchero-veleno-bianco/ http://ilcappellodelmonsu.blogspot.it/2017/06/lo-zucchero-veleno-bianco.html https://it.wikipedia.org/wiki/Produzione_dello_zucchero https://it.wikipedia.org/wiki/Saccarosio

abc

Biscotti di quinoa rossa ai semi: la risposta vincente di una precisa tattica di gioco affinata nel tempo

Il dolce a casa mia non può mancare. Se succedesse, il rischio sarebbe quello di trasformarmi nell'incredibile Hulk che proietta le sue frustrazioni nella distruzione di tutto ciò che trova all'interno del raggio di azione di un braccio e di un paio di passi. Detto ciò, proprio per la complessità della situazione, nel tempo ho dovuto definire accuratamente l'entità del dolce che è bene sia sempre presente in casa. Se ai cali glicemici, fisici ed emotivi, rispondessi con l'assalto a dolci estremi, non basterebbero 4000 scalini la settimana, 22 chilometri di corsa al giorno e "24 ore in sala pesi". Il mio fegato implorerebbe pietà e il viso sarebbe pieno di bubboni celestiali. Abbattiamo gli zuccheri e le farine raffinate, anzi eliminiamoli. Boicottiamo i grassi animali. Utilizziamo ingredienti ricchi di proprietà nutrizionali preziose. Limitiamo la dolcezza. Potenziamo il sapore con gli aromi. E divertiamoci a mescolare gli ingredienti. Si è definito, così, nel tempo, un modus operandi che non solo soddisfa i miei istinti di gola, ma lo fa nel pieno rispetto della consapevolezza acquisita e dei valori di rispetto del mio stesso corpo. Senza sacrificare il gusto.... e il piacere di concedersi una vera e propria coccola.
Così capita che, un giorno, un'invasione di piccole palline rosse cattura la mia attenzione. Perché non creare dei biscotti con la quinoa? E, come ogni domanda che stuzzica il mio estro creativo, la risposta è arrivata nel concretizzarsi di un pensiero, che ha decisamente tagliato il traguardo della vittoria: provate a concedervi questa coccola e sentirete il sorriso fin nella più piccola cellula del vostro organismo.

Ingredienti

75 g di quinoa rossa
50 g di margarina (autoprodotta)
35 g di farina di soia tostata
45 g di farina di riso
25 g di semi di chia
25 g di semi di sesamo
50 g di zucchero di canna Dulcita
sale

Sciacquate la quinoa sotto un getto di acqua corrente, quindi cuocetela nel doppio del suo volume di acqua, leggermente salata. Quando sarà pronta (dovrà avere assorbito tutta l'acqua), lasciatela raffreddare.
Nel frattempo sbattete la margarina con lo zucchero, creando una crema soffice. Unite i semi di chia e i semi di sesamo. Mescolate tutto. Unite la quinoa e iniziate ad impastare.
Setacciate le farine e mescolatele tra loro. Unitele poco alla volta all'impasto, incorporandole bene. Lavorate tutto fino ad avere un panetto corposo e compatto.
   Avvolgetelo in un foglio di pellicola trasparente e lasciatelo riposare in frigorifero per un'ora circa.
Rivestite una teglia con carta forno. Quando sarà trascorso il tempo, riprendete l'impasto e iniziate a formare dei biscotti. Ciìon le mani umide prelevate una parte di pasta, formate una pallina, poi schiacciatela e appiattitela, formando un dischetto spesso non più di mezzo centimetro. Sistemate i dischetti uno accanto all'altro, fino a terminare l'impasto. Accendete il forno, portandolo alla temperatura di 180°.
Quando sarà caldo, infornate i biscotti e lasciateli cuocere per mezz'ora. A questo punto estraete la teglia, girate i biscotti, abbassate la temperatura a 150° e continuate la cottura per altri 10 minuti.
Spegnete il forno, estraete la teglia e lasciate raffreddare i biscotti.

Una volta che saranno completamente freddi, avranno acquisito una buona croccantezza sfiziosa. La quinoa e i semi risulteranno scrocchiarelli al morso e.... sarà una vera impresa riuscire a conservarli in un qualsiasi contenitore chiuso.

La tentazione di cedere e farsi abbracciare dalla loro genuina dolcezza non vi lascerà tregua.

Avrete biscotti sani, dolci, ricchi e irresistibili.

E, certo, potrete conservarli per almeno una decina di giorni (ahahahahahah, non ci arriverete mai), in un barattolo ben chiuso.


abc

Cookies integrali con uvetta e avena: il perfetto equilibrio su un’indomabile bilancia

La rincorsa al biscotto perfetto, per me, è un'inarrestabile missione. Generalmente quando la bilancia pende maggiormente dal lato della genuinità, la bontà piena, quella che ti fa chiudere gli occhi all'assaggio, quella che ti riempie di piacere, quella che ti fa trattenere il fiato per dieci secondi, quella che appaga ogni singola papilla gustativa, ecco, quella bontà tende sempre ad essere ad un livello leggermente inferiore. Per contro, quando la bontà piena è largamente raggiunta, la genuinità, fosse solo per un paio di dettagli, viene sempre a meno. Ovvio, direte, le cose buone sono anche quelle meno salutari. Ma io, che testarda lo sono dalla nascita, lascio a voi la libertà di avvalorare questa tesi e continuo la mia ricerca. Perché se penso che il punto di incontro perfetto possa esistere, allora devo assolutamente raggiungerlo. Ho studiato, ho pensato, ho immaginato, ho messo insieme le mie conquiste, ho variato, ho perfezionato, ho provato e.... Sono alla seconda infornata! Io, che mai ripeto due volte la stessa ricetta, che replicare non aguzza l'ingegno, che magari qualcosa posso ancora migliorarlo..... ho atteso che la scorta della prima sfornata terminasse e ho replicato. Doppie dosi, questa volta ^_^ Perché qui c'è proprio quell'incontro perfetto: genuinità e bontà piena. Qui i piatti della bilancia sono allineati perfettamente. Qui il sorriso irradia il volto e l'assaggio diventa rito.

Ingredienti

25 g di uvetta
30 g di fiocchi di avena
15 g di semi di sesamo
15 g di semi di lino
45 g di zucchero di canna Dulcita (io ridurrei a 40 g)
100 g di burro di arachidi
40 g di farina d'orzo integrale
15 g di farina di soia bio tostata
45 g di farina integrale
8 g di polvere lievitante naturale (oppure 1/2 cucchiaino di bicarbonato)
50 ml di latte di avena (o di soia, o di riso, o quello che desiderate)
1/2 cucchiaino di aceto di mele

Pesate e preparatevi tutti gli ingredienti.
Tritate i semi di lino, quindi unite il burro di arachidi e lo zucchero.Lavorate bene, fino a rendere tutto una crema omogenea.
A questo punto mescolate le farine con il lievito (o il bicarbonato) e versatele, poco alla volta, all'impasto. Unite anche il latte e l'aceto di mele. Per ultimo unite l'uvetta, i semi di sesamo e i fiocchi di avena.
Mescolate bene fino ad amalgamare perfettamente tutti gli ingredienti.
Formate un panetto, avvolgetelo in un foglio di pellicola trasparente  e lasciatelo riposare in frigorifero per un'ora almeno.
Trascorso il tempo, riprendete l'impasto e stendetelo in una sfoglia spessa circa mezzo centimetro. Tagliate i biscotti con lo stampo prefetiro (io ho usato simpaticissimi stampi Silkomart presi alla fiera del Cake Design appena terminato a Malpensa) e posizionateli su una teglia foderata da carta forno.
Infornateli alla temperatura di 180° e cuoceteli per 20 minuti. Non appena saranno cotti e ben dorati, sfornateli e trasferiteli su una gratella, fino a farli raffreddare completamente.
   A questo punto potrete decidere di decorarli, o di lasciarli naturali. Io ne ho decorati quattro con la crema di pistacchi (e altri ne avrei voluti decorare con del cioccolato fuso.... ma mi sono trattenuta ^_^) e gli altri li ho lasciati naturali. Conservateli in una scatola di latta, oppure in un barattolo di vetro.
Dureranno comodamente un paio di settimane, se ben nascosto dalla vostra visuale ^_^

Nella seconda sfornata ho diminuito leggermente la quantità di zucchero (motivo per cui ho messo l'appunto negli ingredienti) ed ho integrato l'uvetta con le bacche di Goji. Inutile dire che sono venuti perfetti ; )) Un concentrato di benessere ed energia, da gustare pienamente, senza abusarne!! Sono genuini, ma le loro calorie le hanno!!

Per un'inizio di giornata alla grande sono ideali!abc

Torta di carote e cocco: desideri, necessità e follie di semplici momenti di dolcezza

E' un periodo che sono "da dolci". Non mangio quasi niente, ma il dolcino a fine pasto ci vuole sempre. E se per concludere un solleticamento dello stomaco può bastarmi un pezzo di cioccolato fondente, a colazione ho proprio desiderio di un dolce vero. Così quando dovetti pensare alla torta da proporre agli amici in visita non esitai un attimo: gli avanzi della cena sarebbero stati spartiti, la torta sarebbe rimasta a me, per deliziare i miei risvegli. Ovviamente loro non lo avrebbero mai immaginato ^_^
Sulla base della mia tattica di gioco, in cui si prevedono esperimenti anche in fase di condivisione con ospiti, e quindi con la necessità di cavare qualcosa di decente al primo tentativo, non avrei potuto tirarmi indietro. Ma non avrei neanche potuto cadere nel banale, o ancora rischiare di essere troppo audace e fallire. Ho messo insieme le mie amate carote, dei fiocchi di yogurt e la preziosissima farina Petra. Una buona manciata di cocco e via..... ad incrociare le dita. Confesso di non avere un gran bel feeling con il forno di casa. Credo che qualche minuto in più sarebbe stato necessario, ma credo anche che me ne sia accorta troppo tardi ^_^ Per non smentirmi, vista la modalità "in the air" in cui vivo da qualche tempo, ho unito lo zucchero alle carote, in fase di "tritaggio", e non alle uova. A dire il vero non è da me neanche la stagnola invece della carta forno per rivestire la teglia, ma cosa ci volete fare: le mani vanno da una parte, le parole da un'altra e la testa.... la testa dov'è? ^_^ In ogni caso è piaciuta. Insolita, come me. Non da tutti, magari. Né più né meno come me.

Ingredienti

400 g di carote
200 g di farina Petra 5
175 g di fiocchi di latte con yogurt
80 g di zucchero di canna Dulcita
45 g di cocco in scaglie
3 uova
10 g di polvere lievitante naturale
1 pizzico di sale

Sbucciate e pulite le carote. Tagliatele a tocchetti e inseritele in un boccale con lo zucchero. Tritatele fino a renderle omogenee, ma non troppo fini.
Unite il cocco in scaglie e mescolate incorporandolo perfettamente. Tenete da parte. Foderate una teglia (io ne ho usata una dal diametro di 28 centimetri) con carta forno, o alluminio ^_^
Rompete le uova in una terrina e sbattetele fino a renderle spumose.
Unite i fiocchi di latte e amalgamateli. Versate tutto sulle carote e mescolate fino a rendere l'impasto uniforme. Setacciate la farina e mescolateci la polvere lievitante (o lievito per dolci). Unitela poco alla volta all'impasto, mescolando bene per incorporarla. Unite anche il sale e procedete fino a quando l'impasto sarà morbido e omogeneo.
   Versate tutto nella teglia, distribuendo uniformemente l'impasto
Portate il forno a 190° e cuocete per 45 minuti (nel mio forno ci sarebbero voluti una decina di minuti in più).
Trascorso il tempo, sfornate la torta e lasciatela raffreddare.

Servitela con una bella spolverata di scaglie di cocco, oppure dello zucchero a velo, secondo i vostri gusti.

Come adoro fare, è molto sfiziosa servita tagliata a cubetti, con della frutta fresca o del cioccolato bianco. In questo modo può diventare un piacevole sfizio di fine pasto o un dolcino da assaggio.



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Biscotti alla crusca con noci e nocciole: il “vidi, volli e interpretai” di un giorno come tanti

Li adoro dai tempi, i biscotti di questo tipo. Fragranti e pieni, croccanti e ruvidi, direi grezzi. Sono tra l'elenco di quelle cose per cui basta uno sguardo, e non resisto. Devono essere miei, perché l'occhio li ha immortalati e proiettati diretti sul palato. Ecco, questi biscotti per me sono così. E così lo sono stati, quando, in quella che sembrava una tranquillissima mattinata di primavera, la pazza, unica e meravigliosa Monique me li schiaffa sotto il naso. Il cuore si ferma, poi palpita a dismisura. La salivazione aumenta. Inizio a scorrere la lista degli ingredienti e a compiacermi per quanto la mia dispensa mi supporti sempre, in casi simili. C'è la parolina magica: avena. E c'è la mia grande alleata: la frutta secca. Non ci penso un solo istante. Prendo la lecitina, la metto in ammollo e inizio a prepararmi la dose necessaria di margarina per sfornare il maggior numero possibile di biscotti. I suoi biscotti. A mio modo, non me ne voglia Monique, con la mia solita reinterpretazione salutista, mi delizio di infinita bontà. Spiegarvene la pienezza è impossibile: aprite la dispensa e sporcatevi le mani. Non ve ne pentirete!!

Ingredienti

75 g di farina di tipo 1 Petra 5
20 g di farina di soia
40 g di crusca di avena
25 g di crusca di grano
65 g di margarina
40 g di zucchero di canna grezzo
40 g di nocciole
30 g di gherigli di noci
4 g di polvere liebitante bio a base di cremor tartaro
1 uovo
1 pizzico di sale

Sgusciate le nocciole (le mie arrivano direttamente dall'orto di famiglia) e le noci. Pestatele grossolanamente in un mortaio e tenetele da parte.
Versate in una ciotola lo zucchero, unitevi la margarina e sbattete con una frusta elettrica, fino ad ottenere una crema morbida. Unitevi l'uovo e continuate a lavorare con la frusta.
Unite la crusca di grano e la crusca di avena e mescolate fino a quando il composto risulterà omogeneo.
   Versate, quindi, le farine setacciate e la polvere lievitante, insieme al pizzico di sale. Impastate, prima con una spatola, poi a mano, fino a quando sarà completamente assorbita.
Aggiungete, a questo punto, la frutta secca e impastate fino ad incorporarla bene. Impastate velocemente, in modo che la pasta non si surriscaldi troppo a contatto con le mani. Quindi datele la forma di un panetto, avvolgetela in un foglio di pellicola trasparente e lasciatela riposare in frigorifero per almeno mezz'ora. Io l'ho lasciata circa un'ora. Trascorso il tempo accendete il forno a 170°.
Riprendete l'impasto e stendetelo, come se faceste gli gnocchi, facendolo scivolare sotto le mani, in un salsicciotto di circa 5 cm di diametro. Tagliatelo a tocchetti spessi un paio di centimetri e schiacciate ciascun pezzo formando una cialda, che adagerete su una teglia rivestita da carta forno. Fate risposare i biscotti appena formati per qualche minuti in frigorifero e, quando il forno sarà in temperatura, infornate.
Cuocete per circa 35 minuti (ma controllate la cottura, in base alle caratteristiche del vostro forno). Quando saranno ben dorati sfornateli e trasferiteli su una gratella, a far raffreddare.
Raffreddando acquisiranno croccantezza e friabilità. Pazientate ^_^

Assaporate i vostri biscotti insieme ad una buona tazza di tè o di latte, o accompagnati da un intenso caffè. Farciteli, accostateli a della buona frutta di stagione, gustateli come meglio crediate.
La loro fragranza vi convincerà che, anche da soli, sono pieni di sapore e di piacere.

Nel caso riescano ad avanzarvene, potrete conservarli in un barattolo di vetro, o di latta. Si conservano per oltre una settimana, ma.... dimenticatevene: dopo una settimana non avanzeranno neanche le briciole!!

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Gelatine di limone al rum: la forma di digestivo che non diresti mai e che, d’un tratto, sorprende

Non so dirvi quale meccanismo psico-metabolico intervenga. Ci sono momenti in cui penso, associo, provo, modifico, affino, dubito, valuto e momenti in cui il fulmine cade dirtto in testa e colpisce l'ipotalamo. Da lì è solo una fisiologica trasmissione di impulsi nervosi che mi porta a eseguire quanto questa entità sconosciuta ha scaraventato su di me. Stanotte, nel sonno, cercherò di interpellare Freud e di chiedergli se mai gli sia passato per la testa che l'inconscio, oltre che nei sogni, possa manifestarsi tra i fornelli. Perché inizierei a chiedermi se, davvero, le presenze che porto in tavola siano presagio di qualche strana forma di pazzia. Perché mai mi dovrebbe venire in mente, all'improvviso, di confezionare una gelatina digestiva se non ho assaggiato più di due volte questa consistenza e se i miei pasti non richiedono terapie d'urto per l'accettazione di sostanziosi piatti da parte dello stomaco e il conseguente smaltimento? Che mi stia facendo troppe inutili domande? D'accordo, per questa volta passi: chiudio gli occhi e mangio!! Ma stanotte una scampanellata a Freud non me la toglie nessuno!!

Ingredienti

215 g di mele Granny Smith
1 limone non trattato (scorza e succo)
25  di zucchero grezzo di canna
60 ml di rum
1/2 cucchiaino di agar agar
zucchero di canna Demerara per guarnire

Lavate molto bene la mela e asciugatela, Tagliatela a spicchi, privatela del torsolo , tagliatela in piccoli pezzi e mettetela in un pentolino insieme allo zucchero di canna. Lavate molto bene anche il limone e grattugiate la scorza, facendo attenzione a non prelevare anche la parte bianca. Spremete il succo e unitelo alle mele.
Accendete la fiamma e, quando il liquido sarà in ebollizione, abbassate il fuoco, coprite e lasciate cuocere 45 minuti. Dovrete ottenere una purea molto morbida. La mela è ricca di pectina, per cui la consistenza che avrete sarà piuttosto gelatinosa.
Passate tutto con un frullatore ad immersione fino a quando tutto sarà liscio e vellutato.
Sciogliete l'agar agar in una parte del rum. Unitevi la restante quantità, mescolate bene e versatela nella crema di mele. Unite la scorza grattugiata del limone, mescolate e fate cuocere, a fuoco basso, per altri 5 minuti.
Versate, ora, il liquido ottenuto in stampini. Io ho utilizzato una forma in silicone a cupoline.
Ponete gli stampi in frigorifero per almeno un'ora, o comunque fino a quando le gelatine si saranno perfettamente solidificate.
Prelevatele dallo stampo, con cautela, e passatele nello zucchero Demerara fino a coprirne la superficie. Potrete servirle subito, oppure conservarle in frigorifero per diverso tempo. Con il riposo i sapori si assesteranno e si armonizzeranno tra loro.
A fine pasto sono un ottimo digestivo, ma sono una piacevole coccola in qualsiasi momento della giornata.
Il grado alcolico non è eccessivo, ma potrete decidere di modificarlo in base ai vostri gusti.
La scorza del limone dà una piacevole consistenza e aumenta l'aroma gradevole del limone, mantenendo la dolcezza e la delicatezza della gelatina. Credo che inizierò a cedere al digestivo anche io!

Dite che ho bisogno di un buon terapeuta?



abc

Focaccine dolci alle castagne con mele e semi di girasole: l’attesa che diventa trionfo

Finalmente ce l'ho fatta: ho trovato la farina di castagne!!!!!!! Sembrerà una follia, ma ho ancora in testa il suono delle parole del commesso, Marco, del negozio bio di fiducia. Dicevano così: "In realtà manca da molti mesi, da quando sono finite le scorte della stagione passata. Adesso dovremo aspettare la macinatura delle nuove castagne. Del resto, essendo un prodotto biologico, rispetta e segue le stagionalità. Dovremo aspettare ancora un po'". Ecco, il mio mantra: se vuoi che sia bio, attendi la naturale evoluzione delle stagioni. Chiedo scusa a Marco, ai suoi colleghi e agli acari del mio negozio di fiducia, ma mi trovavo tra gli scaffali di un altro negozio quando..... illuminazione!!!!!! Il mio bel sacchetto di farina di castagne troneggiava nel carrello e saltellava nella borsa di juta, trepidante per l'attesa di entrare in dispensa. In realtà la dispensa non ha neanche fatto in tempo a vederla. Già, tanto era il desiderio che..... magia!!!! Preparatevi, non aspettavo altro! ^_^

Ingredienti

65 g di farina di segale Jurmano
90 g di farina di Manitoba
45 g di farina di castagne
5 g di lievito madre secco (io Antico Molino Rosso)
2 g di malto d'orzo (io Antico Molino Rosso)
130 g di latte di avena
40 g di malto di riso
10 g di burro vegetale salato (questa versione)
1/2 mela
15 g di semi di girasole
10 g di zucchero di canna Demerara

Setacciate le farine (mi raccomando, la farina di castagne tende a formare grumi, in conservazione nel sacchetto, e questo passaggio è fondamentale per facilitare la lavorazione e dare una resa migliore all'impasto). Aggiungete il lievito e il malto e mescolate.
Fate sciogliere il malto di riso nel latte leggermente intiepidito e iniziate ad unire la farina, poco alla volta, impastando. Aggiungete il burro vegetale e lavorate fino ad ottenere un impasto omogeneo.
Trasferite il panetto appena ottenuto in una terrina di vetro e copritela con un foglio di pellicola trasparente. Lasciatelo lievitare in un luogo tiepido fino al raddoppio del volume (per me 4 ore e mezzo).
Riprendete l'impasto, dividetelo in otto parti su una spianatoia infarinata e lavorate ciscun pezzo, in modo da formare una pallina.
Date quindi, a ciascuna pallina, la forma di una pizzetta, di diametro di circa 15 cm, ponetele su una placca rivestita da carta forno e lasciatele lievitare ancora per un'ora e mezza, sempre in un luogo tiepido (io mi servo del forno spento).
Trascorso il tempo della lievitazione mescolate lo zucchero di canna con i semi di girasole. Riprendete le pizzette, ora gonfie di lievitazione, esistemate, su ciascuna di queste, un cucchiaino del mix ottenuto.
Sbucciate la mela, togliete il torsolo e tagliatela a fettine molto sottili. Posizionate quattro fettine su ogni pizzetta, in modo da ricoprirla interamente.
Portate il forno in temperatura e cuocete, a 180°, per 15 minuti.
Controllate che non brucino e che cuociano rimanendo belle soffici.
Sfornatele e lasciatele intiepidire.

Procedete, quindi, all'assaggio.
Io le ho congelate e le assaporo belle calde al mattino, per colazione. E' una preparazione che permette questo tipo di conservazione, per cui..... pizzette a gogò!!!

abc

Cocchini al muesli: l’ingrediente dalle molteplici potenzialità e l’importanza dell’home made

Avete presente quelle folgorazioni che vi colpiscono all'istante e a cui proprio non potete trovare rimedio? Capita, così, che, leggendo uno dei blog che amo maggiormente per creatività, fantasia, stile, ingredienti utilizzati, mi imbatto in un ossimoro, per il mio pensiero: burro (e quindi cattivo) e cocco (e quindi buonissimo). Leggete un po' la mia cara amica Micol cos'ha creato con questi biscotti al burro di cocco e farina di riso. Burro di cocco.... ecco, e adesso cosa faccio? Cedo al burro? Sapete cosa vi dico? Io ci provo..... E così mi metto a fare il burro di cocco seguendo i suoi consigli, ma facendo le mie solite modifiche. Insomma, alla fine ho fatto bollire il cocco grattugiato - o farina di cocco - (140 g) in acqua (400 g) per mezz'ora circa, facendo bene attenzione che le scagliette rimanessero sempre in acqua. Le ho poi versate su un tovagliolo ed ho strizzato bene, aiutandomi con un colino prima e con lo schiaccia patate dopo, affinché spremessi tutto il liquido presente. Insomma, da quello che ho compreso sbirciando anche questo link, la parte grassa, che poi diventerà burro, è quella che fuoriesce alla fine. Versando tutto il liquido in un contenitore e tenendolo per una notte in frigo, ben chiuso, al mattino ho trovato il mio bel burro solidificato in superficie. E quello è stato utilizzato per questi biscottini.... che profumano in un modo incredibile!!!!

Ingredienti

60 g di burro di cocco
40 g di muesli di farro bio (io Krunchy di Barnhouse)
20 g di cornflakes (io Baule Volante)
20 g di zucchero grezzo di canna
100 g di farina integrale (io Molino Chiavazza)
1 tuorlo
1 pizzico di sale

Tritate abbastanza finemente il muesli di farro e mettetelo da parte. Polverizzate lo zucchero e impastatelo con il burro di cocco.
Aggiungete la farina, il muesli, il sale, il tuorlo d'uovo ed impastate fino ad amalgamare bene tutto. Io mi avvalgo della funzione spiga del Bimby, ma a mano è un impasto che può essere fatto senza problemi, mescolando prima burro, zucchero e tuorlo ed aggiungendo, in seguito, gli ingredienti secchi, farina sale e muesli, precedentemente misccelati.

Pesate i cornflakes e frantumateli grossolanamente. Aggiungeteli all'impasto e lavorate fino a compattare tutto.
Formate un panetto e mettete nel frigo a riposare per non più di un'ora, avvolto nella pellicola.
Riprendete l'impasto e stendetelo, aiutandovi con le mani e con un mattarello, su una spianatoia infarinata. Tagliate i biscotti della forma desiderata e poneteli su una placca ricoperta da carta forno. Lasciate riposare ancora mezz'ora in frigo, affinché acquisiscano nuovamente compattezza.
Accendete il forno a 160° e, una volta in temperatura, infornate per mezz'ora circa. Io ho formato biscotti spessi circa 0.7 cm, per cui la cottura ha richiesto un po' più di tempo. Regolatevi in base allo spessore che darete voi ai vostri biscotti e, ovviamente, in base al vostro forno.
Sfornate quando li vedrete dorati e spostateli su una griglia a raffreddare.

Non crederete al profumo di cui vi riempiranno la cucina e.... la casa.... Io credo di averli consumati respirandone la fragranza. Ma vi garantisco che al morso sono croccanti, friabili e decisamente amabili! Una coccola a regola d'arte!



Grazie Micol, questo burro non mancherà più dagli alambicchi della mia cucina!!


abc

Frollini d’orzo con mandorle e semi di girasole: storia di un barattolo che non vuole restare vuoto

Torno a casa, bene. Nella mia mente malata e contorta, pianificatrice e lungimirante avevo già predisposto gli ultimi 4 biscotti (questi) per la prima colazione post trasferta. Beh, era stato un gran bel sacrificio lasciarli là soli soletti nel barattolone di vetro, e se non fosse per la mia gioia nell'elucubrare nuove versioni..... quei biscotti non mancherebbero mai in quel vaso. Ho però pensato che avrei potuto elaborare una nuova formula: ho chiuso gli occhi, mi sono concentrata sulla dispensa e mi sono detta "forse ci siamo". Ho voluto provare ad utilizzare i semi di girasole. Proprietà benefiche che danno consistenza ad un frollino goloso.... I flakes, questa volta di orzo, mi piacciono particolarmente per la frangranza che conferiscono. Insomma, sono soddisfatta!! E il barattolone è quasi pieno ; )

Ingredienti

25 g di mandorle spellate
25 g di semi di girasole
40 g di margarina
50 g di zucchero di canna integrale
60 g di farina d'orzo
40 g di farina integrale
1 uovo
1 pizzico di sale
1/2 cucchiaino raso di bicarbonato
25 g di orzoflakes bio (io Baule Volante)

Tritate non troppo finemente le mandorle e i semi di girasole. Aggiungete quindi il resto degli ingredienti, escludendo gli orzoflakes, e impastate. Se doveste procedere a mano, mescolate questo trito alle farine, al sale e al bicarbonato. Sbattete l'uovo con lo zucchero e unite il mix di ingredienti secchi poco alla volta, amalgamando bene.
Quando avrete ottenuto un impasto omogeneo unite i fiocchi di orzo e incorporateli impastando con le mani. L'impasto avrà una consistenza piuttosto morbida.
Inumiditevi le mani e formate delle palline della grandezza di una piccola noce, prendendo poco impasto per volta.
Sistematele su una teglia coperta da carta forno lasciando un po' di distanza tra loro. Fatele riposare mezz'ora circa.
Infornatele a 180°. Dopo circa 10 minuti schiacciate ciascuna pallina con i rebbi di una forchetta. Saranno morbide e si abbasseranno facilmente.
Fate cuocere ancora per circa 15 minuti, ma controllate che non dorino troppo: ogni forno ha sempre le sue caratteristiche.
Sfornate i biscotti e trasferiteli su una griglia a far raffreddare.
Come sempre io non ho resistito alla tentazione e mi sono fatta attirare.... addentando tutta la dolcezza e la croccantezza di questo frollino.
Al completo raffreddamento, se ne rimarranno, conservateli in un barattolo di vetro o di latta. E.... buona colazione (o merenda, o spuntino, o..... gola!!)abc

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